La donna e l’ethos delle professioni femminili

OZANAM ONLINE, giornata internazionale della donna

In occasione della Giornata Internazionale della Donna, pubblichiamo su OZANAM ONLINE questo interessante contributo di Rossana Ruggiero*

*Opera quale legale dell'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù e dell'omonima Fondazione.

La donna e l’ethos delle professioni femminili

Era il 1° settembre 1930 quando, nell’Aula Magna dell’Università di Salisburgo, al raduno autunnale dell’Associazione Accademica Cattolica, Edith Stein, unica relatrice donna, teneva la conferenza dedicata al tema de: L’ethos delle professioni femminili. Dopo novant’anni e nel giorno in cui si celebra la Giornata Internazionale delle donne, il pensiero laico di Edith Stein – non ancora vestita dell’abito carmelitano e del suo nuovo nome di Teresa Benedetta della Croce - è motivo di riflessione profonda e concreta per l’universo femminile in relazione al mondo del lavoro, sia per le donne che vivono la disparità di genere sia per coloro che, a causa della pandemia, hanno patito la disuguaglianza nel lavoro e sono finite disoccupate o inattive. L’ethos, termine greco il cui significato originario era il “posto da vivere", non è stato univocamente inteso e, nella sua evoluzione filosofica, è stato tradotto con le parole "inizio", "disposizione" e da qui "carattere" o "temperamento".

Tuttavia l’ethos, come inteso da Edith Stein, rappresenta l’atteggiamento permanente dell’anima non determinato da ciò che rinviene dall’esterno, ma da una forma interiore e si evolve in ethos professionale quando, nella vita lavorativa di una persona, si presenta come principio strutturante, come un’impronta, un marchio equivalente al rispetto per il proprio lavoro, sentito come vocazione e non semplicemente come fonte di guadagno. Come noto la vocazione naturale della donna si palesa nell’essere madre e sposa, ruoli entrambi che la pongono a contatto con un’umanità che ha scelto e da cui è stata scelta, di cui si prende cura, che accudisce e protegge.

È dunque, restrittivo pensare che ci siano professioni solo al femminile così come è più probabile che ad una donna possano attribuirsi quei ruoli orientati al prossimo che risaltano maggiormente la sua sensibilità o - come ricorderà Papa Francesco all’Udienza per la Giornata internazionale della donna 2020 - la grazia che fa nuove le cose, l’abbraccio che include, il coraggio di donarsi, un po' come un abito cucito attorno alla sua anima.

Le lotte concettuali basate sulla “questione femminile” e su norme garantiste della parità di genere non ha lenito la sofferenza di tutte quelle donne che hanno vissuto la disuguaglianza, che si sono sentite escluse, che ancora oggi non riescono a manifestare il proprio ethos, la propria vocazione che le orienta nei più vari rami professionali. Il tempo non ha neppure neutralizzato il problema della disparità di genere che già caratterizzava la struttura sociale della nostra nazione prima della pandemia, ma anzi ne ha amplificato la gravità, danneggiando quasi esclusivamente il mondo femminile.

Nonostante la crisi sanitaria abbia determinato i tagli delle occupazioni a scapito delle donne o addirittura l’aumento esponenziale del lavoro causato dalla sovrapposizione tra lavoro agile e famiglia, non è passato giorno in cui i mezzi di comunicazione (quotidiani, riviste, web) non abbiano parlato del ruolo fondamentale della donna nell’affrontare il tempo di pandemia. Tante donne, al pari degli uomini, si sono adoperate instancabilmente per il prossimo, in prima linea come durante una guerra, come Edith Stein – già suora – determinata al sacrificio della propria vita.

Possiamo continuare a credere che per le donne vi sia o vi sarà una nuova opportunità, ma fino a quando la sua vocazione o la sua innata sensibilità verrà travisata in impotenza, in debolezza, in inferiorità, ogni sua dote rappresenterà una condanna piuttosto che un privilegio.

Ha, dunque, ragione Papa Francesco nel ricordarci che non è un caso che nel racconto della Genesi la donna sia tratta dalla costola dell’uomo mentre questi dorme, in quanto il racconto creativo non esprime la separazione tra uomo e donna, ma conferma il principio di co-appartenenza tra i due sessi: costei è carne della mia carne e ossa delle mie ossa. Finché ci sarà la frattura radicale del non appartenersi, del non sentirsi in comunione, la donna manterrà un livello inferiore rispetto all’uomo condizionando le dinamiche umane e l’accrescimento positivo dell’umanità.

Se abbiamo a cuore l’avvenire occorrerà dare spazio alla donna e al suo ethos.

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