Riflessioni per la Giornata Mondiale del Malato
In quel tempo, Gesù, uscito dalla sinagoga, subito andò nella casa di Simone e Andrea, in compagnia di Giacomo e Giovanni. La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei. Egli si avvicinò e la fece alzare prendendola per mano; la febbre la lasciò ed ella li serviva [Mc 1,29-39]. In questa XXIX Giornata Mondiale del Malato, che si celebra nel giorno in cui la Chiesa fa memoria della Beata Vergine Maria di Lourdes - nel ripensare alla sofferenza in questo clima in cui l’umanità è chiamata forzatamente a difendersi da una “malattia senza preavviso”, ma anche a quei tempi non segnati dall’urgenza - le parole dell’Evangelista Marco sono la testimonianza eterna dell’opera del Cristo al servizio del prossimo e per noi l’esempio da emulare.
Subito. Dalla lettura di queste poche righe del Vangelo l’avverbio subito, che si ripete per ben due volte, è riconducibile al periodo che stiamo vivendo, al virus che si diffonde rapidamente e alla corsa per guarire chi soffre, ma è anche ciò da cui non ci lasciamo coinvolgere; dalla nostra quotidianità che non può aspettare domani, che ci assilla, che volge con immediatezza e senza indugio e a cui non sappiamo o non possiamo rinunciare. Capita, infatti, di rinviare ad un altro giorno quegli impegni che coinvolgono profondamente e richiedono subito il nostro impegno verso l’altro, sia esso ultimo, povero, sofferente, diseredato, poiché se la richiesta esula dal “qui e adesso” preferiamo annullare con un pretesto dando la priorità ai nostri interessi personali più labili o agli eccessi che prendono il sopravvento. Gesù, subito, va a casa di Simone e Andrea, non aspetta l’indomani, risponde repentinamente alla richiesta di aiuto e va a visitare la suocera di Simone; perché con quel subito si fa immediatamente prossimo e palesa l’umanità che incarna.
La prese per mano. In questa giornata di speranza e preghiera per coloro che soffrono, quale immagine possiamo ricordare se non quella di Gesù che prende per mano? In questo gesto, c’è la soavità di chi si avvicina all’uomo in un momento di grande fragilità per aiutarlo, per sostenerlo, per dargli accoglienza. La mano, simbolo di fiducia e affidamento, viene porta – o come dirà l’Evangelista, nel ritrarre un’immagine priva di esitazioni, viene presa - per risollevare chi lotta contro la malattia, chi è caduto nel fango delle sue miserie e ha bisogno di sentirsi dire che la speranza non ha mai smesso di governare la vita.
Ella li serviva. Tra l’uomo bisognoso e chi conduce nell’accompagnamento per alleviare la prova, si instaura un legame di reciprocità, non nel senso del “do ut des”, ma del “dare che torna all’uomo come ricompensa”. È proprio la missione di Gesù, fatta di parole e di gesti che risanano e consolano – come ricorda Papa Francesco – a testimoniare che ogni passo riceverà la sua ricompensa. Ella li serviva, il malato inguaribile aspetta di pregare con me, il senza fissa dimora racconta la sua storia, il povero ringrazia per il cibo con il quale ha ristorato la sua famiglia. Ognuno è chiamato a compiere un servizio di prossimità. Non importa a chi è rivolto, quale sforzo comporti purché sia autentico e non vacilli, non perda il senso profondo che incarna, tenga a mente l’immediatezza del Cristo verso ciascuno di noi. Un’immediatezza che ricorda la sollecitudine dei volontari alle piscine di Lourdes – che non è il luogo dei miracoli, ma della speranza - che in quelle vasche scavate nella roccia avvolgono l’umanità nelle lenzuola pesanti e pregne di acqua gelida per immergervi ogni tipo di sofferenza, confidando nella purificazione della mente, del cuore e dell’anima. L’auspicio sia di percorrere ogni passo con immediatezza, prendendo per mano chiunque abbia bisogno di aiuto e come ha ricordato il Papa, alla vigilia della memoria liturgica, il Signore ci dia il gusto della preghiera quotidiana, perché essa renda possibile il miracolo dell’incontro con il prossimo nella sua sofferenza e nelle sue necessità, con amore e senza alcuna esitazione.
* Illustrazione: H.von R. Rembrandt, Guarigione della suocera di Pietro, 1650-60, Amsterdam