C’è un principio insito nella natura dell’uomo, che si intreccia alla sua origine, si aggroviglia, si inerpica, incontra ostacoli, ma nonostante tutto continua a mantenere la forza di determinarsi contro ogni violenza, guerra, aborto, eutanasia: è il diritto alla vita. Nel ricordare coloro che non sono riusciti a difendere la propria vita, vittime della barbarie dell’odio e dell’oltraggio della coscienza umana, il Dipartimento delle comunicazioni globali delle Nazioni Unite pubblica il Calendario degli eventi della memoria dell'Olocausto 2021 che quest’anno pone come tema quello di Affrontare le conseguenze nell’ottica del recupero e ricostituzione umana dopo il periodo delle leggi razziali. La commemorazione internazionale si celebra il 27 gennaio di ogni anno, come previsto dalla Risoluzione n. 60/7 dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite del 1º novembre 2005. La Risoluzione individua la data in cui l’umanità avrebbe ricordato la persecuzione, riafferma i principi della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani per cui tutti hanno diritto al riconoscimento dei diritti e delle libertà senza distinzione di razza, religione o altro status (art. 18) e, ricordandone anche il preambolo, afferma che il disprezzo per i diritti umani ha portato ad atti crudeli che hanno leso la dignità dell’uomo. Quello che è accaduto durante la Seconda Guerra Mondiale ha reso nullo l’essere umano fino a portarlo alla morte. Racconti, saggi, libri rievocano la testimonianza dei nonni, dei padri, delle generazioni che hanno visto infrangere ogni loro diritto, ma la paura è sopravvissuta - come la memoria - nei figli ancora in vita che, a quell’epoca, erano soltanto bambini portati in campi di concentramento o di lavoro, probabilmente mai ricongiunti alle proprie famiglie.
Ogni episodio della crudeltà della guerra - talvolta ritenuto riferibile agli adulti, uomini e donne - è anche la storia di famiglie con bambini che sono state separate perdendo definitivamente il ruolo identitario di piccola società. I minori sopravvissuti a quel dolore sono stati parte centrale della storia di questa guerra, obbligati al coinvolgimento perché strappati alla famiglia, spettatori della morte della loro madre o del loro padre, reduci di un terrore che ha compromesso ogni ricordo dell’infanzia. Nessun diritto minorile salvaguardato, nessuna protezione riconosciuta, nessun rispetto per la vita. La categoria dei minori - in un preoccupante quadro di fine ‘800 inizi del ‘900 lacunoso di una assistenza sanitaria specializzata - viene descritta dal Prof. Giuseppe Dalla Torre come costitutivamente tra le più deboli nella realtà degli uomini ed ancora più debole in un’età nella quale i bambini non contavano e non erano oggetto di particolari attenzioni da parte della società. Questa ideologia si radicherà sempre di più nelle vene della storia ed esiterà in quello che sarebbe accaduto alcune decine di anni più tardi, durante i quali lo sviluppo progressivo del genocidio non annientò solo gli ebrei, ma per estensione, tutte le categorie di persone ritenute indesiderabili o inferiori per motivi politici o razziali, i deboli, trascinando in questa distruzione anche i minori. Negli anni del regime fascista e della persecuzione nazista, istituti religiosi maschili o femminili, organizzazioni sanitarie, parrocchie, orfanotrofi accoglievano intere famiglie, madri con bambini, soprattutto nel 1943 quando i nazisti che occuparono Roma si macchiarono dell’orrendo delitto del 16 ottobre, cioè la razzia degli ebrei romani nell’area dell’antico ghetto, continuando la persecuzione casa per casa e quartiere per quartiere fino al maggio 1944. Sul Colle Gianicolo sorgeva il Conservatorio Torlonia, già Istituto del Sacro Cuore di Gesù a Sant'Onofrio fondato nel 1839, con la finalità di accogliere giovani orfane di entrambi i genitori e fungere anche da casa di ricovero per anziane senza mezzi di sussistenza, ma vi era anche l’Ospedale Bambino Gesù, istituito nel 1869 grazie ad un‘opera laica e donato nel 1924 alla Santa Sede; il primo diretto dalle Figlie della Carità di San Vincenzo de’ Paoli e il secondo supportato dal loro costante servizio. Le due istituzioni furono luogo di protezione degli ebrei e dei perseguitati politici, di intere famiglie con bambini accolti, nascosti e tenuti lontani con strategie metamorfiche da eventuali controlli nazi-fascisti. Suor Vincenza delle Figlie della Carità di San Vincenzo de’ Paoli arrivò al Bambino Gesù nel 1960 e, memore dei racconti di una consorella al servizio degli ebrei negli anni tristi della guerra, narra la storia di una bambina che venne accolta con la sua mamma dal Bambino Gesù all’età di dieci anni. Scampata dal terrore della guerra, immigrò in Canada e oggi rammenta in un recente colloquio con Suor Vincenza, quando dal Conservatorio Torlonia, le religiose o il personale raggiungevano frettolosamente l’Ospedale con ceste di cibo preparato in più per offrire ogni sostegno possibile verso ebrei e rifugiati, adulti e bambini, dal medesimo accolti. Quella bambina, oggi, vorrebbe non ricordare quanto ha vissuto, ma ritornare in Italia per celebrare la vita con i sopravvissuti, ospitati, curati e nutriti da un’istituzione che, nel riconoscere la loro disarmante fragilità, ne ha tutelato ogni diritto. Questo è il focus su cui, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite, invita quest’anno a riflettere; affrontare il tema delle conseguenze nell'infanzia al fine di esaminare gli approcci adottati per sostenere i bambini sopravvissuti all'Olocausto e considerare come questi approcci abbiano contribuito ai modelli adottati per la pratica contemporanea per lavorare con i giovani sopravvissuti a crimini atroci. Ricercare, oggi, dove risiede la speranza per la pace, la dignità e l'uguaglianza è la strada che conduce a rispondere a tutti coloro che hanno vissuto e vivono attacchi di violenza contro la vita e la propria dignitosa esistenza. Riaffermare che l'Olocausto, che ha provocato l'omicidio di un terzo del popolo ebraico, insieme a innumerevoli membri di altre minoranze, come anche ogni atto di emarginazione, separazione, scarto di ciascun essere umano sarà per sempre un monito per tutte le persone sui pericoli dell'odio, del fanatismo, del razzismo e del pregiudizio che occorrerà contrastare e denunciare con ogni mezzo in quanto - per usare le parole del medico e filosofo Albert Schweitzer - ogni forma di vita, in quanto è vita, è sacra e questo deve bastare.
Rossana Ruggiero*
*Opera quale legale dell'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù e dell'omonima Fondazione.